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Il nuovo libro di Social-One a cura di: Vera Araújo, Silvia Cataldi, Gennaro Iorio.
Con contributi di: Luc Boltanski, Michael Burawoy, Annamaria Campanini, Axel Honneth, Paulo Henrique Martins.

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demartis_rosalba Servizio sociale e logiche agapiche

Maria Rosalba Demartis*

La presenza in questo seminario di assistenti sociali (tanto operatori quanto studiosi)) sollecita un breve apporto dalla prospettiva del servizio sociale professionale al tema trattato, essendo stata la relazione centrale e le reazioni ad essa prevalentemente sociologiche.
Innanzitutto una breve “legittimazione” della contemporanea presenza di queste due dimensioni nel seminario.
Social One è infatti, come già detto, una comunità di sociologi e studiosi di servizio sociale, che avanza da un lato nella consapevolezza delle differenze epistemologiche e metodologiche e dall’altro nella comprensione delle interconnessioni tra le due discipline. E’ certamente superfluo sottolineare quanto le teorizzazioni sociologiche hanno avuto, ed hanno ancora oggi, un peso determinante nella sintesi disciplinare del servizio sociale, e di dialogo tra sociologia e servizio sociale si è ripreso a parlare già da tempo come fatto ineludibile (vedi Annamaria Campanini, Servizio sociale e sociologia: storia di un dialogo, Lint, Trieste 1999). Tale relazione è indicativa del senso del nostro camino comune, come pure lo è l’interesse per la ricerca di nuovi paradigmi interpretativi. Il dialogo tra noi è facilitato anche dall’opzione per una sociologia umanistica (nei termini in cui ha parlato Vera Araújo), con la quale il servizio sociale professionale ha in comune alcune idee fondamentali: tra queste la centralità della persona e l’importanza della qualità dei rapporti nella costruzione del sociale.
Il carisma di Chiara Lubich ha posto tanti interrogativi agli assistenti sociali che ne vivono lo spirito, accendendo l’interesse per un approfondimento professionale dei suoi punti chiave: cosa ha da dirmi questo carisma nella comprensione dei fatti sociali, personali, gruppali e comunitari oggetto del mio studio e della mia azione? Questa una delle domande più ricorrenti a cui vorremmo dare risposta, e quindi è questo uno degli spazi in cui trova collocazione il nostro contributo di operatori e studiosi del servizio sociale in Social One.
In questo contesto, vorrei riferirmi ad un passaggio chiave della relazione Iorio-Colasanto, lì dove si parla della necessità di “Definire i tratti dell’Homo Agapicus, cioè di un agire di Ego il cui senso è caratterizzato dal donare, oltre la misura che la situazione richiederebbe, incondizionatamente ad Alter e dal ricercare il bene e la felicità di quest’ultimo, indipendentemente dalla volontà e/o l’effettiva restituzione del controdono”.
Occuparci di questo, dell’Agape, all’interno di una professione e di un campo di studio e intervento, notoriamente centrato su conflitti, squilibri esistenziali e sociali, povertà, vulnerabilità ed esclusione, è quanto meno provocatorio ma non per questo avulso (anzi) dagli sforzi compiuti da numerosi studiosi del settore e dalle finalità stesse che il Servizio Sociale e le politiche sociali si pongono. Rileggere le teorizzazioni di Servizio Sociale, in quest’ottica, evidenzia uno sforzo costante a realizzare nella prassi comportamenti e interventi basati su un’idea di uomo e donna, di vita sociale, di benessere personale e sociale, certamente imperfette e incomplete, ma in un certo senso preludio e anticipatori di “logiche agapiche”: a titolo esemplificativo l’attenzione alla reciprocità quale esito e caratteristica della relazione di aiuto. Cosa può dare, ponendoci nella logica della reciprocità, chi vive in condizione di bisogno?
Certo capovolge la polarità della relazione.
Tuttavia, una ricerca nella letteratura di servizio sociale riguardo eventuali richiami netti e specifici ad un agire agapico, quale forma possibile di interazione sociale e interpersonale nell’ambito “dell’aiuto” e del lavoro sociale in senso più ampio, rivelerebbe l’insussistenza di tale concetto (se si esclude, nella storia dell’assistenza, il riferimento alle comunità cristiane dei primi tempi). Rilevante è invece il richiamo costante alla dimensione etico/valoriale dell’agire nell’ambito dei bisogni e alla sua declinazione operativa: molto importante e interessante lo sviluppo concettuale in ordine al tema della solidarietà (sociale e interpersonale) e i conseguenti tentativi di impostazione organizzativa ed erogativa dei servizi sociali. Anche in questo caso, però, sono assenti i riferimenti ad una pre-concettualizzazione sulla relazione agapica esplicitamente tematizzata (incide in tal senso anche la ricerca di una soluzione laica per la definizione di principi e valori ed un affrancamento dalle origini “caritative” dell’aiuto).
Il servizio sociale professionale ha visto maturare la relazione reciproca tra le istanze etico-valoriali e la sua fondazione teorica riguardo l’essere umano e la società. Abbiamo così assistito ad una rilevanza sempre più grande dei valori e dei principi che hanno trovato maggior declinazione operativa laddove connessi con lo sviluppo teorico su individuo/società. D’altro canto, è pure evidente che l’attenzione conquistata da determinati valori ha a sua volta orientato lo studio e la ricerca nel sociale (mediante interscambio con altri ambiti disciplinari e/o teorizzando la prassi operativa). In questo senso risulta importante la contaminazione ed il dialogo tra sociologi e assistenti sociali proprio di Social One e la ricerca e condivisione di un nuovo possibile approccio allo studio del rapporto agapico nella direzione qui ipotizzata e che stiamo analizzando e sviluppando.
Sempre riguardo un altro passaggio della relazione Iorio /Colasanto, vi è da sottolineare come modi di vita e concezioni extra scientifiche sono determinanti nella formazione e nell’operatività del servizio sociale professionale ed è costante rilevare nelle pubblicazioni di questi ultimi anni il richiamo ad una pratica riflessiva-critica, ad un “operatore riflessivo”, battendo piste di indagine e ricerca innovative, orientate a pensare, spiegare e agire nel campo delle politiche sociali, secondo assunti e criteri volti e all’umanizzazione reale degli interventi. Potrebbe essere un nostro contributo al cammino teorico plurale in corso?
A proposito invece dei rilievi fatti alla teoria agapica di Boltanski, laddove si rende evidente la mancanza di emozione, disimpegno a lavorare e riflettere sui propri sentimenti, sulla propria intelligenza e capacità volitiva per migliorare le relazioni nelle quali il soggetto è immerso: per il servizio sociale sarebbe quasi impossibile l’utilizzo di simile approccio, per diversi motivi, tra i quali il fatto che occorre considerare come “la questione del controllo riflessivo della propria persona sulla propria azione risulta uno degli elementi essenziali del processo d’aiuto in tutti i modelli di intervento ancora utilizzati dal servizio sociale” (L. Gui 2004). e l’autentica risposta ai bisogni delle persone richiede un orientamento all’agire comunicativo che mobiliti motivazioni, intelligenza riflessiva e interazione tra i soggetti” (F. Villa 1992 ).
Ma che tipo di motivazioni? E quale qualità di interazione? Rispettosa, positiva e costruttiva …..
Credo che su questo possiamo offrire un contributo di novità a partire dalla nostra prospettiva.
Infatti, che interesse ha per il servizio sociale la tematica dell’Agape, intendendo con tale termine l’agire e la relazione con le caratteristiche illustrate da Vera A.? Che conseguenze potrebbero delinearsi, a partire da un approccio di tale natura, sia in una prospettiva pragmatica che in quella euristica?
Tra le tracce di lavoro possibili, ne lascerei aperte tre:
“Agape e integrazione sociale “
“Bisogno-domanda-risposta in una logica agapica”“Risorse e stile di “aiuto”

Messaggio

Chiara Lubich

L'amore fraterno stabilisce ovunque rapporti sociali positivi, atti a rendere il consorzio umano più solidale, più giusto, più felice...

-Chiara Lubich

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